2.Caccia alle ombre

Travis mise le mani sulla staccionata, si sollevò e si mise a sedere sul lungo asse di legno. Dietro di lui una pecora belò e sgambettò via. La luna era appena al di sopra delle colline all’orizzonte, le staccionate che delimitavano i pascoli luccicavano sotto la sua luce pallida. Il vento risalì la collina facendo vibrare tra i fili d’erba, nell’aria c’era una flebile traccia di uno sgradevole odore di marcio.

Jean era seduto accanto allo zaino. Si mise un elastico in bocca e si raccolse i lunghi capelli corvini dietro la nuca. Il giubbotto di cuoio si sollevò, sul fianco la maglietta rossa era lacerata. Con una mano si prese l’elastico dalla bocca e lo usò per legarsi i capelli.

«Stanno per arrivare i mangiaombre, ne sento l’odore.»

Travis prese un lungo respiro. Il tanfo marcio si faceva più intenso.

«Sì, lo sento anch’io. Sei sicuro di stare bene? Ieri sera hai rischiato.»

Jean si portò una mano sulla lacerazione della maglietta.

«Questo? Ho visto di peggio. Ci vuole ben altro che una talpa troppo cresciuta per mettermi fuori gioco.» Si alzò in piedi e raggiunse Travis. «E poi non ho proprio voglia di sentire ancora Adrien che si lamenta dei lupi.»

«Già… lo sai che l’ho beccato a picchiare il ragazzo nuovo?»

Jean sollevò un sopracciglio.

«Coso? Renar… Ronal… com’è che si chiama?»

«Reinar.»

Jean schioccò le dita e puntò l’indice contro Travis.

«Lui. Poverino, già che è mingherlino si fa anche menare fin dal primo giorno. Per lui sarà dura.»

«Non lo so Jean.» Travis sollevò la testa e inspirò, l’odore di marcio era più vicino. «Il piccoletto puzzava di polvere da sparo.»

«Un cacciatore?» Il tono di voce di Jean si fece più alto. «Sono arrivati fin qui?»

Travis annuì.

«Credo lo siano i suoi genitori.»

«E cosa gli hai detto? Travis, non sarai andato a dirgli di fare squadra spero.»

«Non sarebbe figo? Siamo sempre da soli a cacciare, una mano ci farebbe comodo.»

«Travis, per lui le prede siamo noi. Licantropi e umani non si alleano mai. Non in Francia, non ancora. Dio santo Travis, loro non sanno neanche che esiste qualcos’altro da cacciare a parte noi, come puoi pensare che—»

Le pecore presero a belare e si raggrupparono al centro della staccionata. I loro sguardi vagavano tra i pascoli al di là del recinto. Jean mutò gli occhi, le sue iridi divennero dorate. Il suo sguardo si spostò sui pascoli.

«Stanno iniziando a sorgere.»

Travis mutò gli occhi. Il cuore iniziò a pompare più rapidamente e un tepore si diffuse in tutto il suo corpo. La luce della luna si amplificò fino a somigliare a quella del sole. Nei pascoli a qualche centinaio di metri da loro una lunga zampa nera uscì dal terreno. Era pelosa e incrostata di fango, all’estremità terminava con tre artigli grossi come un falcetto. Si ancorò a terra e trascinò fuori il resto del corpo, un ammasso nero molliccio grosso quanto una mucca. La parte superiore era spaccata a metà, si apriva e chiudeva frenetica. All’interno due file di zanne cozzavano tra loro in quel movimento ritmico. Altre tre zampe fuoriuscirono dal terreno, si ancorarono al terreno e assestarono il corpo.

Travis si dette una spinta e scese dalla staccionata.

«Che schifo, guarda quant’è grosso quello.»

Jean si chinò sullo zaino e ne estrasse un paio di torce ultraviolette. Ne lanciò una a Travis.

«Dev’essere uno di quelli che hanno mangiato ieri, è tornato per il bis.»

Travis affiancò Jean, prese una granata stordente dallo zaino e se la legò alla cintura.

«Fai attenzione, Jean. Nell’ultimo mese i mangiaombre sono diventati più aggressivi.»

«E quindi?» Jean si tirò su in piedi e si stiracchiò le gambe. «Non c’è bisogno di preoccuparsi se li sterminiamo tutti.»

«Il loro comportamento è strano, di solito non escono così spesso. Dev’esserci qualcosa che li rende irrequieti.»

«Più caccia e meno menate, Travis. Ne sorgono altri.»

Attorno al più grosso un piccolo esercito di mangiaombre stava emergendo dal terreno. Erano almeno una decina, grossi più o meno quanto un caprone. Le zampe artigliavano il terreno e trascinavano il corpo lungo il prato, rapidi e silenziosi. Un normale essere umano non avrebbe visto niente più che delle ombre striscianti.

Travis poggiò una mano sulla spalla di Jean. Sotto il giubbotto i muscoli erano rigidi, stava già cominciando la trasformazione.

«Fai attenzione. Gli altri saranno piccolini, ma il capobranco è bello grosso.»

Jean gli scostò la mano con un colpo della torcia. «Sì, sì…»

Si lanciarono all’attacco. Travis puntò il pollice sull’interruttore della torcia e si preparò ad accenderla appena fossero a portata. Jean fece scattare la sicura di una granata stordente e la lanciò contro i mostri.

Il mangiaombre capobranco afferrò con due zampe uno dei più piccoli davanti a lui, lo sollevò e gli spalancò la bocca. Il piccoletto dimenò le zampe per aria e la granata gli finì tra le fauci. Le zampe del capobranco lo schiacciarono. La granata deflagrò, la luce bruciò il mostriciattolo dall’interno. Il corpo annerito si disintegrò tra le zampe del capobranco.

Travis e Jean arrestarono la corsa. Jean fissava il capobranco con occhi sgranati.

«Un mangiaombre intelligente?»

«Te l’avevo detto che c’è qualcosa che non va! Ritiriamoci, non sappiamo cosa stiamo affrontando!»

Jean sputò a terra. Le sue orecchie erano diventate a punta e si stavano ricoprendo di peluria.

«Smettila di lagnarti. La luce li uccide ancora, no? È sufficiente.»

«Jean aspetta!»

Jean riprese la carica e Travis gli corse dietro. Era diventato più veloce, sotto i vestiti si stava trasformando. Nonostante le sue parole l’odore della sua paura stava iniziando a trapelare. La carica dei mangia ombre arrivò a pochi metri da loro, le bestie strisciavano sempre più veloci. Travis e Jean arrestarono la corsa, puntarono le torce verso di loro e le accesero. La luce ultravioletta investì la prima fila di mangiaombre, i quali arrestarono la carica e avvolsero il corpo con le lunghe zampe nere. La pelle divenne incandescente e si sgretolò. Emisero un solo sibilo basso, quasi impercettibile. I mangiaombre dietro la prima fila afferrarono i cadaveri dei loro compagni e li scavalcarono. Vennero colpiti a loro volta dal fascio di luce e rantolarono a terra.

«Visto?» Jean lanciò un’occhiata a Travis. «Non è così difficile.»

Travis si spostò ai lati del branco. Un mangiaombre rimasto dietro al muro di cadaveri stava cercando di fuggire. Con un balzo gli fu addosso e gli puntò la luce della torcia contro a pochi centimetri dal corpo. La luce ultravioletta gli incendiò il corpo, il mangiaombre agitò le zampe e si sgretolò in cenere.

Attorno a loro erano rimasti solo cumuli di cenere e qualche zampa nera che si sarebbe sgretolata alle prime luci dell’alba. Cumuli piccoli, troppo piccoli.

Travis lanciò un’occhiata a Jean.

«Dov’è il capobranco?»

Una zampa nera sbucò dal terreno accanto a Jean e gli afferrò il braccio con cui reggeva la torcia.

«Travis!»

Il mangiaombre riemerse dal terreno e sollevò Jean per aria. Con altre due zampe gli afferrò le braccia e lo portò in alto sopra di se. Il suo corpo si aprì a metà rivelando la bocca e le zanne.

«Travis, avrei bisogno di un aiutino!»

Travis si lanciò verso il capobranco, si sfilò la granata dalla cintura e fece scattare la linguetta. Il mangiaombre menò un affondo verso Travis con l’ultima zampa rimasta libera, ma lui gli puntò contro la luce della torcia e la zampa si fermò a un soffio dal suo volto.

Travis balzò su Jean, lo afferrò e lasciò cadere la granata stordente nella bocca del mangiaombre. Il contraccolpo del balzo strappò Jean dalla presa del mostro e i due caddero a terra poco più in là.

«Sta giù!»

«Perché?»

Travis gli mostrò la sicura della granata nel palmo della mano.

L’esplosione di luce illuminò il pascolo a giorno. Il rumore della granata mandò a terra Travis, la testa gli girava come se fosse appena sceso dalla giostra del luna park. Con fatica puntò le braccia a terra e cercò una stabilità stando carponi. Ritrasformò gli occhi. Del mangiaombre non era rimasta neppure la cenere. Jean era a terra con una mano sulla fronte.

«La prossima volta preferisco essere mangiato.»

Travis rise. «La prossima volta ascoltami se ti dico che c’è qualcosa che non va.»

«Okay, okay… oddio, non vedo nulla. Rimarrò cieco per sempre.»

«Ritrasforma gli occhi, aiuta un po’.»

«Oh, è vero. Va meglio.»

Travis spostò il peso sulle gambe e fece forza sulle ginocchia per risollevarsi.

«Per stasera direi che abbiamo finito.»

Jean sollevò una mano verso di lui. «Direi di sì. Aiutami ad alzarmi, voglio andare a casa e farmi una doccia.»

Una folata di vento trasportò un’ondata di odori: metallo, benzina, polvere da sparo.

«Jean, c’è qualcosa che—»

Un bagliore illuminò il fianco della collina vicina. Un’esplosione di dolore travolse Travis alla spalla e si ritrovò con la schiena a terra.

«Travis?» la voce di Jean era distante.

Un boato proruppe nell’aria. Una sensazione di calore gli attraversò il corpo.

«TRAVIS!»



Categorie:Dopo la luna piena

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